I saldi Target 2 vanno rimborsati? Draghi la racconta sbagliata


Di Musso

Mario Draghi riceveva una interrogazione con richiesta di risposta scritta Zanni e Valli, l’8 dicembre 2016: “si interroga la BCE per sapere: ... come tecnicamente sarebbero regolati i saldi, soprattutto le posizioni nette debitorie, nel caso in cui uno Stato membro partecipante al sistema uscisse dalla moneta unica”. Il 18 gennaio 2017, Draghi rispondeva: Se un paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti e le passività della sua BCN nei confronti della BCE dovrebbero essere regolati integralmente.



Parole talmente avventate, da aver sollecitato la cupidigia del deputato olandese Thierry Baudet, il 10 maggio 2017: “Lei disse, in gennaio, che ogni paese che lasciasse l’Euro dovrebbe prima regolare il proprio conto, con riguardo alla possibilità che l’Italia lasci l’Eurozona. Dal momento che noi in Olanda abbiamo, in questo momento, un surplus pari più o meno a 100 miliardi di Euro nel sistema Target 2: questo significherebbe, stando alle sue parole, che se l’Olanda decidesse di abbandonare l’Eurozona (punto tra l’altro fondamentale nel mio programma di partito), avrebbe indietro tale credito dai paesi meridionali dell’Eurozona, in conformità alle sue dichiarazioni?”. Costringendo Draghi ad una clamorosa marcia indietro: “Mi lasci rispondere come ho risposto a domande simili Nel Parlamento Europeo. L’Euro è irrevocabile e questo è il Trattato. Non speculerò su ipotesi che non hanno fondamento nei trattati esistenti”. Ma lo aveva appena fatto, lui stesso, nella risposta all’eurodeputato Zanni.

Ciò che gli fece notare Baudet: “Lei ha appena detto di non voler fare speculazioni sulla possibilità che l’Eurozona si disgreghi. Ma non è questo esattamente quello che lei ha fatto quando, a gennaio, ha detto che ‘se l’Italia dovesse lasciare, allora dovrebbe saldare il conto’? Lei stava quindi facendo speculazioni riguardo alla possibile rottura dell’Eurozona, e non sarebbe intellettualmente onesto usare i medesimi principi sull’ipotesi che fosse l’Olanda ad andarsene?”.

Draghi si ridusse ad un patetico: “Nel Parlamento Europeo mi è stata posta la stessa domanda a questo proposito. Io dissi, uno può avere risposte tecniche di ogni tipo, ma il punto è che l’Euro è irrevocabile ed io non farò speculazioni su ipotesi che non hanno base di alcun tipo”.




La risposta data a Zanni e Valli aveva, sollecitato ben quattro ulteriori interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

La prima, Henkel, allora Afd: “1. Si applica questa dichiarazione pure se la Germania si ritira dall'euro? 2. Ho ragione nell’intendere che è la BCE a rispondere per questo importo? 3. Secondo gli ultimi dati pubblicati a novembre 2016, gli ‘attivi Target 2’ tedeschi ammontano a oltre 750 miliardi di Euro. La Germania sarebbe quindi beneficiaria di questo importo se dovesse lasciare l'unione monetaria. È corretto che il ‘trasferimento’ alla Bundesbank porterebbe a un profitto che la Bundesbank potrebbe trasferire direttamente allo Stato tedesco?”


La seconda, Fabio De Masi, tedesco de Die Linke: “Poiché la partecipazione al sistema Target 2 è aperta anche agli Stati Membri non appartenenti all'euro … Comporta l'uscita dall'euro necessariamente la rinuncia all'appartenenza al sistema Target 2? Se uno Stato Membro abbandonasse l'euro ma rimanesse nel sistema Target 2, come sarebbero regolati i saldi Target 2? In che modo questa situazione differirebbe da quella degli Stati Membri non appartenenti all'euro nel sistema Target 2?”. 


La terza, Lucke, ex-AfD: “1. Significa ciò che, in caso di un ritiro tedesco dall'Euro, la tedesca Bundesbank avrebbe un diritto legale verso la Bce per regolare le proprie pretese Target 2 (…)? 2. Sarebbero le pretese della Bundesbank direttamente dovute al momento del ritiro dal sistema della BCE? In caso contrario, quale sarebbe la data di scadenza e per quali motivi potrebbe esserci una data di scadenza diversa?”


La quarta, Zanni e Agea: “Avrebbe Un paese con un saldo positivo Target 2 il diritto al rimborso integrale delle pretese della propria banca centrale verso la BCE, se dovesse ritirarsi dall'euro?”.



Lo 11 aprile 2017, Draghi aveva risposto, a tutte e quattro le interrogazioni con richiesta di risposta scritta, così: l’euro è irrevocabile. Questo principio è sancito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Di conseguenza, non è appropriato che la BCE conduca una riflessione su ipotesi non previste dal Trattato.



Il mutismo di Bce

Replicava Zanni, con nuova interrogazione, 26 aprile 2017: “per favore date una risposta a come il saldo TARGET2 tedesco sarebbe trattato se la Germania dovesse lasciare l'Eurosistema, come richiesto dal deputato Henkel”.

Rispondeva Draghi, laconico: “ripeto quanto affermato (…): l'Euro è irrevocabile e non è opportuno, per la BCE, impegnarsi in riflessioni su ipotesi non previste nel Trattato”.

Zanni inseriva una variazione: “l'affermazione del Presidente Draghi che ‘l'euro è irrevocabile’ e che l'ipotesi d’uscita dall'euro non è contemplata dai trattati è errata, come stabilito dalla CE e dall'allora Commissario Rehn (…) ‘Se uno Stato membro dell'area dell'euro decidesse di uscire dall'Unione europea in virtù delle disposizioni dell'articolo 50 del TUE, porrebbe termine anche alla partecipazione alla moneta unica’”.

Rispondeva Draghi, parlando d’altro.

Riprendeva Zanni: “Può BCE elaborare, poiché la risposta in realtà non risponde alla domanda?”.

Chiudeva Draghi, a vuoto: “noi consideriamo l’Euro irreversibile. Per questa ragione, noi non facciamo speculazioni riguardo altri scenari”.



Il mutismo della Commissione

Zanni si rivolgeva allora alla Commissione, 15 giugno 2017: “Dato che quanto ribadito dal presidente Draghi a più riprese è in contrasto con la posizione espressa dalla Commissione in precedenza, oltre che con i trattati, può la Commissione confermare che, come logica conseguenza dell'applicazione dell'articolo 50, uno Stato membro dell'eurozona uscirebbe anche dalla moneta unica e che quindi l'ipotesi che uno Stato membro receda dall'euro è un'ipotesi prevista dai trattati?”.

Rispondeva Juncker, 9 ottobre 2017: “L’euro è la moneta unica dell’Unione europea, salvo per gli Stati membri che beneficiano di una deroga in conformità dei trattati. Quando l’euro diventa la valuta di uno Stato membro, si tratta di un processo irreversibile. Il presidente Draghi non è in contraddizione con la posizione della Commissione in materia”.

Riprendeva Zanni, 30 ottobre 2017: “Di fatto la Commissione risponde parzialmente ai miei quesiti e soprattutto smentisce quanto dichiarato ufficialmente nel 2012 dall'allora Commissario Rehn (…) Può indicare in dettaglio cosa succederebbe se uno Stato membro dell'Eurozona dovesse decidere di uscire dall'UE tramite l'attivazione dell'articolo 50 TUE?”.

Chiudeva la Commissione: “La Commissione rinvia l'onorevole deputato alla propria risposta all'interrogazione scritta [precedente]: la decisione di aderire all'euro è irrevocabile nel contesto dell'adesione all'UE”.



Chiosava Zanni sul proprio blog: “Ma come Mario???? Quando ci vuoi terrorizzare dicendoci che se usciamo dall’euro dobbiamo pagare €370 miliardi ti va bene ‘fare ipotesi su assunzioni non previste dai trattati’, ma quando ti chiedono il conto di una fesseria che hai sparato e che ti ha cacciato in un angolo, ti trinceri dietro i Trattati ...?”.



Draghi la racconta giusta

Nel frattempo, Draghi era comparso avanti la Commissione per gli affari economici e monetari, il 20 novembre 2017. Lì, aveva fatto tre precisazioni:

1. Cosa sono i saldi Target 2: “ciascuna Banca Centrale Nazionale dell'Eurosistema ha una posizione debitrice o creditrice (un saldo) nei confronti della BCE, che tiene traccia, a fini contabili, della moneta entrata e uscita da ciascun paese partecipante”.

2. Cosa non sono i saldi Target 2: “non riflettono diversi avanzi commerciali né le condizioni del conto capitale. Lasciatemi fare un esempio: l'Italia ha grandi debiti in Target 2. La Germania ha grossi crediti in Target 2. Seguendo il suo ragionamento, l'Italia dovrebbe avere un grosso deficit di conto corrente verso la Germania. Non è così, è equilibrato”.

3. Non è previsto alcun ribilanciamento: “Dato che si tratta di un sistema di regolamento centralizzato, non vi è alcun meccanismo di ribilanciamento [un meccanismo all'interno del sistema TARGET2 in cui gli squilibri che si sono manifestati all'interno del sistema sono gradualmente eliminati] ... Non è stato progettato con questo in mente”.

Insomma, un saldo ‘a fini contabili’, non di debiti e crediti, bensì dei movimenti ‘della moneta entrata e uscita’. Movimenti che ‘non riflettono diversi avanzi commerciali né le condizioni del conto capitale’. Per i quali ‘non vi è alcun meccanismo di ribilanciamento’.

E senza alcuna rettifica ‘se un paese lasciasse l’Eurosistema’.

Infine, Draghi aveva dato torto a Draghi.

* * *

Certo, taluni fecero finta di non capire. E non gli ultimi arrivati: il Ministro delle Finanze Scholz e il Presidente della Bundesbank Weidmann.

Ma altri aveva capito benissimo. Bernd Lucke richiamava la famosa risposta a Zanni, chiosando: “Ma lo ha scritto senza alcuna base legale, per quanto ne so”. Tanto da proporre di convertire i saldi Target in “obbligazioni a durata perpetua ed interessi variabili (…) ma con la chiara condizione che quando un paese lascia l'Eurosistema anche quel debito cade in scadenza”.

Incalzato, Draghi rispose con due menzogne (1- è un problema legale che non pertiene a Bce, 2- è una eventualità impossibile), una mezza menzogna (3- “qualunque limitazione a Target 2, distruggerebbe la unione monetaria”) ed un’unica verità (4-i saldi sono già garantiti, dai collaterali presentati alle banche centrali nazionali a fronte della originaria creazione di moneta).

Di nuovo, nessuna rettifica ‘se un paese lasciasse l’Eurosistema’.

Di nuovo, Draghi aveva dato torto a Draghi.


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