IL MITO DELLA SINISTRA CHE NON C’E’ ED IL MOVIMENTO 5STELLE.
SULLA POTENZA DELLE ALLUCINAZIONI.
Di Inessa Armand
Esaminando
l’attuale situazione politica è necessario, quanto inevitabile, che il termine “sinistra”,
parafrasando Trotsky, venga definitivamente gettato nella raccolta
differenziata, tra i rifiuti altamente tossici, più esattamente tra quelli
radioattivi.
Che ci si
riferisca alle mutazioni genetiche del PCI o alle diverse scorie prodotte dalla
deflagrazione di organizzazioni post sessantottine, il risultato non cambia, si
tratta ormai, mutatis mutandis, esattamente della stessa melma.
Per anni, la sinistra “radicale” e
quella “canonica” si sono scontrate, caratterizzate da una diversa prassi
politica che rendeva possibile fare dei distinguo; ora tutto è cambiato e, in
questa fase di importanti trasformazioni sociali, si ritrovano accomunate da
inqualificabili prese di posizione: dalla difesa della teoria gender, alla ”illusione
del multiculturalismo” ( la cui massima espressione è il Global Compact che
giustifica e garantisce un’immigrazione totalmente incontrollata), dalla scienza
teorizzata come nuova teologia (per far passare l’obbligatorietà di 12 vaccini
ed una mostruosità come la Triptorelina) fino alla difesa della legge sulle
impronte digitali o quella sulle fake news (ovvero l’ultima frontiera, almeno
per ora, del controllo sociale).
Conseguentemente,
ora più che mai, proprio alla luce di quanto accade, appare chiaro che il
vocabolo “Sinistra” è un significante vuoto ovvero privo di significato.
Ne consegue
che quel che le élites neoliberali hanno sbandierato come la sparizione della
dicotomia destra/sinistra è, pertanto, semplicemente, un’ipocrisia,
un’invenzione ideologica prima che politica.
E’ necessaria la mera presa di coscienza
di questo inganno per iniziare a ragionare sul presente; affermare quanto sopra
non vuol dire negare le differenze di analisi e, di conseguenza, ideologiche tra
le diverse teorie sulla prassi politica, vuol dire, anzi, liberarle dalle
grottesche generalizzazioni a cui si è arrivati a causa di un ristagno
teoretico, di un lunghissimo riflusso e di un’immobilità concettuale senza
precedenti. In tale situazione, avvalersi ancora del lemma “Sinistra” è
qualcosa che, politicamente, non ha più senso.
Nei secoli
precedenti, il contesto storico politico ha originato fondamentali dottrine economico-filosofiche:
si parlava di marxismo, leninismo, trotskismo, lambertismo, bordighismo... Pur
esistendo il termine Sinistra, questo designava un concetto talmente vago da
essere solo parzialmente utilizzabile, un’idea geografica prestata alla
politica; la Sinistra, come blocco ideologico, non esisteva e, forse, non è mai
esistita.
Tra la metà
dell’800 e gli inizi del ‘900, sono state elaborate teorie, creati strumenti di
interpretazione di quella realtà e rivoluzionato il corso degli eventi.
Parliamo di una fase storica precisa.
Ora però siamo
nel 2019 e la fase storica è cambiata radicalmente, la situazione politica,
economica e sociale non è più, neanche lontanamente, paragonabile a quella dei
secoli scorsi, per dirla tecnicamente, siamo in un altro ciclo di accumulazione
capitalistico.
Una diversa
realtà ha, conseguentemente, bisogno di essere interpretata con nuovi strumenti
e necessita di una nuova teoria politica. Continuare a decodificare il momento
attuale servendosi della concezione, degli strumenti interpretativi e delle
categorie socio-economiche create tra il 1848 ed il 1940 sarebbe come combattere
i missili, di cui dispongono oggi le forze neoliberali, con i cannoni ed i
fucili a scoppio. Sarebbe assurdo, oltreché assolutamente stupido. Sarebbe un
inutile massacro, la cronaca di una morte annunciata e, peggio ancora, una
follia anacronistica.
Ancora fino
agli anni ’70 la realtà era diversa: analizzando la situazione sociale è
possibile affermare che ci fossero un grande partito di massa, il PCI, e grandi
sindacati di massa, un blocco sociale enorme incanalato e tenuto insieme
affinché le istanze e le semplici rivendicazioni non potessero, in alcun modo,
sfociare in un movimento che avrebbe rischiato di diventare ingestibile.
Che cos’era
la sinistra in Italia e che cosa è diventata? Ci sono state moltissime
organizzazioni partitiche, dal PCI al PSI o DP (solo per citarne alcune) fino
ad arrivare al PRC e tutto quel che dalla scomparsa del PCI è fuoriuscito, PD
compreso, ma c’era anche una così detta sinistra rivoluzionaria, una miriade di
organizzazioni molto prolifiche intellettualmente ma solo parzialmente radicate
sul territorio, spesso poco più che dei circoli culturali, dei centri studi.
Molte di
quelle organizzazioni esistono ancora ma sono rimaste intrappolate nel loro
pensiero pensante, come in una bolla dalla quale vedono lo scorrere del tempo
ma non i cambiamenti sociali. Peggio ancora esse hanno completamente aderito
alla propaganda neoliberale della globalizzazione e, paradossalmente, gli
stessi che avevano partecipato al movimento No global, ora si trovano
impastoiati, impantanati nella grande narrazione.
La sinistra canonica (PD, PRC ecc) non è stata da meno: ha
aderito a Maastricht ed agli altri trattati, con le disastrose conseguenze che
ben conosciamo, ha abbattuto la produzione manufatturiera avallando la
delocalizzazione, ha distrutto il lavoro salariato grazie al mortale colpo del
Job Act, ha tagliato drasticamente le pensioni mediante la legge Fornero, ha
dato il colpo di grazia alla sanità pubblica ed ha portato avanti la
demolizione della scuola e delle università e l’hanno chiamata “Buona scuola”.
Ha portato a termine o ha dato il colpo di grazia perché il
percorso era iniziato prima: senza fare archeologia politica, è possibile
affermare che l’era della distruzione è iniziata dopo mani pulite con i diversi
governi tecnici e con Berlusconi (la complicità delle sinistre è stata comunque
determinante), poi, come è noto, le élites hanno visto in Renzi un candidato
promettente. Ha fatto un gran bel lavoro di smantellamento mentre un’altra parte
della sinistra si impegnava alacremente, e si impegna tutt’ora, in arcobaleni
ed in una acritica “accoglienza” senza minimamente rendersi conto che la maggioranza
della popolazione si sta ribellando a questa visione perversa, sta vivendo una
situazione sociale di estrema difficoltà: periferie sempre più impraticabili,
salari abbassati, lavoro nero in aumento, disoccupazione ai massimi storici,
impoverimento, degrado sociale, aumento della violenza… Chi prende posizione
contro questa visione delirante è considerato un fascista, un razzista.
La sinistra è ormai inappellabilmente condannata ad
allontanarsi dalle masse, non ne difende più gli interessi perché non è più in
grado di comprenderne né le priorità, né le problematiche. E’ quella che ha
tradito i lavoratori, è quella che difende l’immigrazione di massa, è quella
che non difende la parità di diritti ma propaga la teoria gender, è quella che
insulta ed accusa, è quella della giustizia rossa che non protegge, è quella
della corruzione, della malasanità, degli appalti truccati, delle cooperative
rosse… E’ Tutto questo.
Leggendo,
senza pregiudizi e, soprattutto senza vuoti sentimentalismi, ciò che è accaduto
in questi anni, la situazione italiana, appare assolutamente chiara, se poi
estendessimo questa analisi a quanto è successo negli ultimi mesi, considerando
non solo l’esito delle elezioni politiche, ma quello delle elezioni europee e
locali, regionali e comunali, la veridicità di quanto affermato, diventa
inoppugnabile.
I blocchi
sociali, così come li conoscevamo ed erano rappresentati, almeno fino agli anni
’60, non esistono più; sono radicalmente mutati, scompaginati.
In Italia,
un coacervo di istanze sociali, “sezionali e prepolitiche” ha cercato la sua
espressione politica nelle urne ed ha affidato le sue richieste al governo che
è seguito alle votazioni del 4 marzo: La Lega ed il Movimento 5 Stelle.
Fin
dall’inizio, sia i mass media (ed in genere, il pensiero dominante) che le
oligarchie eurocentriche, hanno aspramente avversato questo governo, ma,
paradossalmente, proprio queste critiche hanno contribuito a tenerlo in vita ed
a far sì che venisse percepito come qualcosa di diverso, un elemento di rottura
con i precedenti.
Sappiamo
come è andata a finire: i “deplorevoli” sono stati delusi anche perché, ciò che
per troppi non è ancora evidente, è la reale natura dei “Criceti di Satana”,
quel buco nero che è il Movimento 5 Stelle, l’apoteosi della normalizzazione
neoliberale.
Una
disamina, di questo fenomeno politico da baraccone, appare necessaria ed
urgente.
Il problema
vero è costituito da coloro che, pur conoscendone la genealogia ed il
successivo sviluppo, perseverano nel considerare il M5S qualcosa di diverso da
quel che è.
Il M5S è un
movimento creato a tavolino in guisa di contenitore, nel senso più stretto del
termine: contenere! Convogliare e contenere il malessere sociale,
canalizzandolo in un ambito istituzionale. La fede in una fantasiosa distopia
tecno-scientifica è il pilastro che soggiace a sgangherate posizioni politiche
di circostanza. Per provarlo, oltre ogni ragionevole dubbio, è sufficiente
analizzare il modo in cui hanno normalizzato certe espressioni chiare di
istanze sociali, di malcontento. Due esempi fattuali: il reddito di cittadinanza,
il cui progetto originale avrebbe potuto segnare un passo avanti nell’ambito
delle conquiste sociali, svilito e deturpato in modo da farlo diventare una sorta
di Hartz 4 tedesco e la legge Lorenzin peggiorata nel DDL 770. Questi erano due
dei loro cavalli di battaglia pre-elettorali, hanno preso voti per questo; poi
la montagna ha partorito il miserabile topolino. L’inganno è stato svelato dai
fatti.
Altra prova
a suffragare tale valenza normalizzatrice: all’indomani del colpo di mano di
Mattarella ne avevano chiesto l’impeachment, idea difendibile, l’intromissione
era insopportabile, chiunque se ne è reso conto; Di Maio annuncia una grande
manifestazione di protesta, tempo ventiquattr’ore e tutto è finito con
funambolico passo indietro: una possibile manifestazione di massa, trasformata
in una pacifica ed innocua, quanto inutile, scampagnata post elettorale al
circo Massimo.
Il M5S non
ha nessuna intenzione, prima ancora che la capacità, di “tenere una piazza”,
non gli interessa: è stato creato con l’intento opposto. Se non basta ciò che è
accaduto in Italia, analizziamo quel che è successo in Francia, altrettanto emblematico:
Di Battista e Di Maio incontrano una delegazione di GJ a Nizza e ciò che ne
segue è una listaccia per le elezioni europee che ha solo emarginato i quattro
gatti che vi hanno aderito.
Spazzatura neoliberale
ma ammantata dell’uso di un altro termine (per altro altrettanto svuotato di
significato) “onestà” che loro hanno trasformato in parola d’ordine, mantra
scriteriato che ripetono mentre vorrebbero ridurre lo spazio democratico
ratificando la diminuzione del numero dei parlamentari (che ricorda il referendum
renziano), il taglio degli stipendi dei parlamentari, l’abolizione delle
provincie, l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti.
Analizzando, non è difficile vedere quel
che si cela dietro queste richieste: sono tutte applicazioni di direttive
europee, sebbene abbiano cercato di travestirle da innovativi punti programmatici
(presenti nel loro Programma Elettorale insieme ad altre preoccupanti quanto
aberranti derive tecnocratiche), cascami europeisti dissimulati come scelta
politica contro gli sprechi.
Il loro
europeismo è, de facto, inequivocabile, tanto che certe dichiarazioni di Di
Maio, come quella “noi non siamo contro i vicoli europei” (FQ 07/05/2019)
suonano quasi ridondanti, al pari della rivendicazione del Salario minimo
orario europeo (dovremmo parlare di circa 9,00 Euro lordi), ancora una volta di
renziana memoria!
Ogni
possibile dubbio è stato infine dissipato dal voto alla Von der Leyen,
perfettamente in asse con le altre forze europeiste, tra le quali spicca il PD.
A voler
pensar male, si potrebbe evincere che le oligarchie finanziarie europeiste
avevano deciso di affidare a questo magma, che è il M5S, il ruolo che, precedentemente,
avevano conferito a Renzi che era riuscito, solo in parte, a portare avanti il
progetto. Il suo delirio di onnipotenza lo aveva convinto ad usare il
Referendum come mezzo, gli italiani hanno reagito compattamente mandando un
chiaro segnale. Il M5S sta cercando di perseguire lo stesso fine, con altri
mezzi, molto più pericolosi perché surrettizi.
Questi
“Criceti di Satana”, con una fede cieca nella tecnologia e nella scienza,
pronti ad asserire e poi negare qualsiasi assunto, non si sono dimostrati altro
se non utili idioti al servizio di poteri più grandi di loro.
La base
elettorale se ne sta rendendo conto, l’illusione è ormai stata ampiamente
svelata ed è per questa ragione che hanno iniziato a perdere consensi ovunque,
un’emorragia che parrebbe confermata dalle ultime consultazioni elettorali.
Avevano promesso, hanno tradito, hanno perso voti.
Pochi non ne
hanno ancora preso atto, evidentemente, vittime di un abbaglio politico-sociale
o di un errore di valutazione: ignorano le origini di questo movimento e ne
ignorano la natura, ovvero si barricano dietro ad una perversa, quanto fallace,
giustificazione, ciò è dire e sostenere che il M5S sia meno liberista della
Lega: questo è l’assunto politico più inquietante! Eppure era Von Hayek che teorizzava
che “uno vale uno” ma forse gli è sfuggito… E, se gli è sfuggito questo, gli
sono sfuggite molte altre posizioni indifendibili: gli è sfuggito che Il
reddito di cittadinanza è uno Hartz4, che la Ministra Grillo ha fatto passare
la Triptorelina, che il personale scolastico e medico potrebbe essere
sottoposto ad un numero indefinito di vaccini, che l’ecotassa colpisce gli
strati più deboli della popolazione, che la digitalizzazione è controllo
sociale, che la tutela del Made in Italy è la svendita all’imperialismo sub-umano
cinese, che il 5G è un potenziale pericolo per la salute, che ridurre il numero
dei parlamentari riduce i margini della democrazia…
Tutto
inutile. Vedere questo significa analizzare e condannare, senza appello, le
scelte politico-sociali di un’organizzazione che millanta novità, non vederlo
vuol dire appellarsi ad una sorta di surrealismo magico.
Le ombre
delle ombre della caverna di Platone.
Non si
intravede, neppure analizzandolo al microscopio elettronico, nel M5S, alcun
blocco sociale di riferimento a cui ci si possa appellare, a meno che non sia
per smascherare il loro opportunismo elettorale ed il loro totale asservimento
all’Unione Europea. Il fatto è che costoro non hanno accumulato nulla di
tangibile: ciò che fanno balenare, come blocco sociale, è volatile, evanescente
ed accessibile senza essere costretti a stipulare alcun contratto o legame.
Ciò che si
evince, guardando la realtà e quindi anche il substrato elettorale di questo
governo (cioè di entrambe le forze che lo compongono), è una congerie di
istanze sociali diverse, espressioni eterogenee di una diffusa insoddisfazione
sociale, che ha consegnato le proprie aspettative a coloro che hanno dato ad
intendere di rappresentare, e poter attuare, il cambiamento. Legarsi
politicamente, a chi ha fatto dell’infingimento la sola pratica politica, è
suicidio inutile ed una lettura diversa può essere solo frutto di un fallace
pregiudizio ideologico.
Questa
ostinata miopia, al pari del vagheggiamento di un’altra “sinistra” come qualcosa
di diverso dall’accozzaglia realmente esistente, appare come un inganno della
ragione, un’ineffabile quanto patetica nostalgia che ha a che fare più con la
psicoanalisi che con la politica.
Continuando
ad essere prigionieri di questo incantesimo, il rischio è quello di ritrovarsi
o fermi ad aspettare invano Godot o, peggio ancora, a non avere il coraggio
politico di fare il passo necessario verso una consapevole emancipazione da
ogni forma di nostalgia e dal pregiudizio.
Quel che
occorre è, innanzi tutto, intercettare le variegate sollecitazioni sociali e
dargli una risposta politica precisa e non dissimulata, semplice e non fuorviata
da anacronismi ideologici inadeguati, una risposta in grado di coalizzarle
intorno ad una visione chiara del momento attuale e delle strategie per uscire
da questo impasse politico, economico e sociale.
Dissolvere
il fumo propagato da questi mendaci venditori, servitori sciocchi dell’Unione
Europea, e ripulire l’aria mostrando la gabbia in cui siamo finiti, “la tela di
ragno” in cui siamo intrappolati da vent’anni. Il resto appare come un’assoluta perdita di tempo che mostra
un totale disprezzo per l’urgenza di assunzione di responsabilità che la rapida
mutevolezza degli eventi richiede.
Non è possibile continuare a correre
dietro a tutto ciò che accade, prestando attenzione ad ogni abbaiar di cane,
occorre aver chiara la meta, sapere dove andare, avere delle priorità ed
affinare una strategia per raggiungere lo scopo.
Non servono
mirabolanti previsioni astrologiche sul futuro, peraltro puntualmente ribaltate
dai fatti perché, qualsiasi cosa accada, chi fa politica fuori dalle
organizzazioni partitiche esistenti, deve essere attento, deve sottoscrivere
una dichiarazione di assunzione di responsabilità e deve essere assolutamente
credibile; appellarsi ad una fantomatica “sinistra”, di qualsivoglia tipo, è un
errore tattico, terminologico politicamente indifendibile, occorre prenderne
atto. Non è una strada percorribile e la nostalgia non aiuta, il cordone
ombelicale va troncato di netto, nessun sentimentalismo è possibile, ancor
peggio ogni sentimentalismo è destinato al naufragio.
E’ necessario, al contrario, leggere,
senza preconcetti, la realtà, fornirne adeguati strumenti interpretativi ed
elaborare, sulla base dei risultati di questa lettura, una teoria che
soggiaccia ad una strategia che diventi pratica politica.
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