LE RAGIONI DEL NO

OVVERO PERCHE’ NON DOBBIAMO PERMETTERE CHE SI TAGLI LA RAPPRESENTATIVITA’ PARLAMENTARE.

Di seguito proponiamo un appello perché si rigetti la richiesta di modifica costituzionale che ridurrebbe il numero dei parlamentari; chiediamo che il 29 marzo ognuno decida secondo coscienza, così come il 16 dicembre del 2018 allorché si creò un fronte unito per dire NO.
Oggi la situazione non è diversa da allora, non si può accettare che sia ceduta una sovranità che “appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Chi vuole potrà firmare l’appello, con nome e cognome, e lasciare i propri dati, indirizzo, numero di telefono e/o mail, nella sezione commenti. Tali dati non sono visibili e  non verranno resi pubblici.



L'erosione di sovranità è un processo che si sta attuando attraverso diversi passaggi, l'ultimo, in ordine cronologico, sarà la riduzione della rappresentatività parlamentare mediante la quale si riducono, automaticamente, tutti i poteri su cui si fonda la democrazia.
Il vincolo esterno europeo promuove ogni limitazione di sovranità, questo è acclarato, vi sono però diverse modalità subdole, quindi doppiamente pericolose, di presentare queste decisioni senza suscitare il rigetto popolare, ad esempio mascherandole da "cosa buona e giusta" o nascondendole all’interno di concetti vuoti ma facilmente condivisibili.
Prendendo in esame la legge di riforma costituzionale relativa alla diminuzione del numero dei parlamentari che si vorrebbe approvare, scopriamo che tutto è ammantato di false verità concatenate come in un domino: facendo cadere la prima tessera, le altre vengono giù da sé. Per capire le radici e la portata di questa perniciosa modifica costituzionale occorre mettere in luce le zone d'ombra di un disegno che viene da lontano e che ha visto avvicendarsi diversi protagonisti.
Partiamo dallo slogan che accompagnò la nascita del Movimento 5 Stelle: onestà! Una parola inconsistente in sé, ma capace di far presa su una Nazione disgustata dagli arresti e dagli scandali che avevano segnato la fine della Prima Repubblica ed attraversato buona parte della Seconda. Una parola magica, salvifica ed apotropaica, che unita ad un popolarissimo "vaffanculo" incarnava il trionfo del più avvilente qualunquismo e reclamava il ruolo purificatore e virtualmente liberatorio che il Movimento prometteva di svolgere.
Questo l'antefatto, il prologo.
Dalla stessa "scuola di pensiero", che aveva partorito quel nulla, proveniva anche un altro giovane rampante della politica, affiliato a una formazione partitica che, nei decenni della sua gloriosa storia, ha fatto del gatekeeping la sua ragione di esistere. Costui, diventato il più giovane Presidente del Consiglio, ha da subito chiarito da che parte stava, senza possibili fraintendimenti: Buona Scuola, Jobs act, Riforma Fornero e Legge Lorenzin costituiscono un vero e proprio Auto da fé verso le élite neoliberali.
Un percorso senza ostacoli, il suo, almeno fino a quando ha commesso l'errore di chiedere il parere dei cittadini proprio su una modifica Costituzionale che andava nella stessa direzione di quella proposta oggi: diminuire la rappresentatività. Forse non aveva capito fino in fondo l'importanza delle implicazioni delle consegne ricevute dalla Santa Unione o forse ha voluto strafare o, più semplicemente, era troppo sicuro di sé. Fatto sta che questo passo ha segnato la sua fine politica, almeno momentaneamente.
Il popolo si è unito, superando differenze e diffidenze ideologiche che fino a qualche tempo prima sarebbero sembrate insormontabili, ed ha votato No, forte e chiaro. Il giovane rampante è stato rimosso, apparentemente autoepurandosi, ma il disegno doveva essere portato avanti ed il testimone sarebbe passato proprio nelle mani di quel coacervo informe che è il Movimiento 5 Stelle.
Onestà, certo, ma a questo si aggiunsero presto altri concetti vuoti e altrettanto inutili come l’eliminazione dei “privilegi” della classe politica, la riduzione dei suoi stipendi (per “dare l’esempio”), la riduzione dei costi della politica… tutti concetti privi di contenuto reale ma assai popolari, con cui si camuffano le vere ragioni del loro razzolare chiassoso e scomposto.
Certo, se avessero detto:

 “vogliamo ridurre gli spazi di rappresentanza per ridurre la democrazia e relegarvi al ruolo di comparse”,
 avrebbero avuto un ben più scarso successo. 
Meglio dissimulare, ingannare, falsificare.
Va riconosciuto che il disegno a lungo termine è ambizioso: trasformare la democrazia in tecnocrazia, attraverso diversi semplici passaggi, abolire la politica come scelte condivise e sostituirla con dogmi, verità apodittiche ed incriticabili.
Se la si guarda da questa prospettiva, la rappresentatività perde di importanza: in un Paese governato da tecnici, dove solo i consapevoli hanno diritto di voto, perché gli altri non possono esprimersi, in quanto non esperti, il numero di rappresentanti non è importante, diventa meramente accessorio, una sorta di optional.
Da "la scienza non è democrática" passeremo, direttamente al postulato "la democrazia non è democrática".


Firmatari:

Maria Micaela Bartolucci
Pier Paolo Dal Monte
Il Pedante
Sandro Mura
Matteo Mondelli
Tommaso Papini
Fabio Ciccone
Marco Russo
Antonio Martino
Beatrice Canu
Gabriele Ghidelli
Paolo Gibilisco
Simone Previti
Giuseppe Mattoni 
Mathieu  Desarzens
Nicolas Desarzens
Anselmo Cioffi 
Giampiero Ferrando Gabaccia 
Luca Massimo Climati
Gorgio Antonangeli 
Dante Preve 
Paola Valenti
Marco Antonicelli 
Francesco Brogi
Luca Maria Cavagnaro
Paolo Pucci 
Giulia Tricella
Mario D'Amelio
Massimo Testi
 

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