Contributo teorico per la costruzione di un Coordinamento contro la mondializzazione
Cultura, diritti sociali, sanità e territorio
La fase che stiamo vivendo impone una piena assunzione di
responsabilità nei confronti dell’attuale situazione nazionale che presenta
forti criticità e peculiari caratteristiche sociali, politiche ed economiche.
Così come accadde nel ‘45, all’indomani della fine della seconda guerra
mondiale, c’è bisogno di creare una coalizione, tra diverse forze, che abbia un
carattere trans-ideologico ovvero che abbia preso la necessaria distanza
storica dalla caratterizzazione bipolare destra/sinistra (non perché le
ideologie siano morte ma perché, in primo luogo la sinistra ufficiale ha
tradito i propri principi, in secondo luogo perché, in questa fase storica, è
fondamentale saper distinguere chi sia il vero nemico), che sappia creare degli
strumenti di lettura della realtà adeguati e che si proponga di agire avendo come principale finalità la
lotta alla mondializzazione in tutte le sue forme; in questo contesto è di
primaria importanza la lotta al vincolo europeo, per il ritorno ad una totale
indipendenza e ad una nazione che si rinsaldi attorno alle linee guida della
Costituzione del 1948.
Un coordinamento, quindi e non un partito: uno strumento che
possa connettere tutte le forze politiche e sociali, le organizzazioni, i movimenti
che vedono nell’UE il nemico principale e nella mondializzazione un reale
pericolo per la sopravvivenza della nostra cultura e della nostra civiltà.
L’UE non è
riformabile, non può essere cambiata dall’interno, questo deve essere detto
chiaramente, non è per questo che è nata e non v’è alcuna possibilità di
modificarne né la natura né la struttura.
L’UE va combattuta fino ad arrivare ad una totale
emancipazione ed all’uscita dal sistema che essa incarna.
Il primo passo di questa, che si annuncia come una vera e
propria guerra politica, economica e, soprattutto, sociale, è mostrare la tela
di ragno che il neoliberalismo europeo ha tessuto, con la complicità e la
cooperazione dei poteri e dei governi che con essa hanno collaborato in Italia
come nei diversi paesi membri.
Una tela di
ragno formata da direttive europee, esterne e senza alcun legame con la reale situazione
delle diverse nazioni, che hanno eroso, in modo spesso sottaciuto e surrettizio
ma ineluttabile, fino a cancellarla totalmente, la sovranità e, di conseguenza,
l’indipendenza politica degli stati.
Questi poteri, si sono serviti di differenti strumenti, non
solo dei trattati ma anche di governi tecnici, di incomprensibili quanto
dannosi diktat economici, di normative, di delibere e, per l’appunto, di
direttive: un vincolo esterno che, come un nodo scorsoio, si è stretto intorno
alle istituzioni, erodendone il potere decisionale fino ad esautorarle.
I trattati sono
solo il fenomeno più eclatante di questo vincolo, ben più pericolose sono le
direttive e le raccomandazioni perché difficilmente identificabili, per i non
addetti ai lavori, come imposizioni; queste leggi, travestite da consigli e
ricche di “si chiede”, “si auspica”, “sarebbe necessario” ecc., trovano il loro
riscontro in quello che è chiamato Semestre europeo: durante questo periodo si
accerta il modo in cui ogni paese abbia effettivamente portato avanti e
realizzato ciò che l’Unione Europea chiedeva.
Può sembrare una banale semplificazione ma è estremamente
utile per mostrare ciò che accade senza inutili tentativi di imbiancare i
sepolcri e per far capire, facilmente, anche a chi non si occupa di politica,
come funziona il rapporto tra gli stati e l’UE.
Ogni passo compiuto dai diversi governi che si sono
succeduti è stato un semplice ratificare precise risoluzioni europee; ogni
legge, ogni decisione che è stata presa o lo sarà, è conforme ad esse:
Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti
Aumento del prezzo del carburante
Chiusura degli ospedali di zona
Direttive agro-alimentari
Ecotassa
Fattura elettronica
Global compact (immigrazione)
Legge sulle Fake news
Jobs Act
Macroregioni
Normative sulle vaccinazioni
Rete di trasporto europeo (TAV)
Riduzione del numero dei parlamentari
Riforma delle pensioni
Triptorelina
Unione bancaria
Questi sono una parte, macroscopici esempi, delle disposizioni
europee fatte passare come decisioni politiche governative, alcune sono state
avallate, direttamente, dai governi Renzi e Gentiloni, altre, semplicemente
ratificate da questo governo ed infine ci sono quelle presenti nell’agenda
programmatica dell’accordo di governo ma, per fortuna, non ancora realizzate.
Queste ultime, per altro, mascherate da “riduzione dei costi della politica” o
da “autonomia”.
Qualsiasi governo, di fatto, amministrato senza “governare”,
mantenendo inalterati quei poteri che da decenni gestiscono le sorti del paese:
istruzione, sanità e trasporti, economia, Banca d’Italia e tutti i gangli
fondamentale dell’apparato sono ancora in mano ai vecchi poteri (neoliberali ed
europeisti), rappresentati in primo luogo dal PD.
Il 4 marzo 2018, il “popolo” non chiedeva una rivoluzione
socialista, chiedeva semplicemente di accogliere delle istanze sezionali espressione
di un crescente malcontento, chiedeva di difendere i propri diritti sociali ed
economici attraverso valutazioni responsabili ed autonome.
Politici che agissero per operare scelte concrete, non più
marionette mosse dall’esterno ed intrappolate in un labirinto di lacci
sovrannazionali, non più tecnici spacciati come al di sopra delle parti ma un
governo che difendesse gli interessi nazionali e portasse avanti le necessità
ed i bisogni dei cittadini. La recente caduta del Governo ha dimostrato che
questo non era possibile: troppo forti sono stati i poteri che si opponevano a
quel cambiamento.
E’, oggi più che mai, necessario ripensare una reale ed
effettiva azione politica che agisca, si mobiliti e faccia pressione per
tutelare quelle richieste in modo autonomo rispetto alle direttive di un
governo esterno come quello dell’Unione Europea e dettate da poteri economici transnazionali¸
una forza politica e sociale che si adoperi per il ripristino e la difesa della
sovranità, di quell’indipendenza decisionale che trasforma un’indefinita espressione
geografica in uno Stato.
Un in bocca al lupo per la lodevole iniziativa.
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